Dal momento che l’Istituto ha una vocazione educational inscindibile dalla ricerca, la nostra attività si è caratterizzata sin dall’inizio tanto come ricerca metodologica quanto come progettazione e sviluppo di servizi e prodotti, quanto ancora come formazione e didattica sia in presenza sia attraverso sistemi interattivi (almeno da quando lo sviluppo della rete ci permise di sperimentare quello che avevamo già ipotizzato e realizzato per anni offline).
Gli ambiti in cui sperimentiamo riguardano: l’editoria elettronica, e in particolare la manualistica reticolare e interattiva per lo studio delle arti narrative; le mostre e gli spettacoli in forma poliespressiva e multimediale; la formazione e la didattica a distanza e interattiva.
Grazie alla collaborazione con numerosi ma temporanei compagni di viaggio abbiamo potuto sperimentare diverse tipologie di nuovi servizi e prodotti, e grazie alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie abbiamo potuto renderli finalmente disponibili online.
– I sentieri esplorativi
Numerose partnership con istituzioni teatrali e scolastiche ci hanno indotto a perfezionare negli anni un modello metodologico e tecnologico di viaggio intertestuale tra testi implicitamente correlati tra loro in base a principi narrativi condivisi. Attraverso queste esplorazioni tra testi varianti in ogni forma espressiva e mediale i nostri utenti arrivano a comprendere come è fatto il testo da loro preso in esame scoprendo di cosa sono fatti testi imparentati con esso, tra cui alcuni probabilmente non ignoti all’utente stesso ma non immediatamente correlati a quello preso in esame. Questo percorso di avvicinamento a testi classici attraverso testi in parte già conosciuti dal fruitore si basa sulla scoperta progressiva di meccanismi comuni e consente di apprezzare le soluzioni narrative ed espressive utilizzate dai più grandi autori nel creare i loro capolavori mettendole a confronto con le soluzioni ottenute, sottoutilizzando i medesimi meccanismi, da parte di autori che hanno realizzato implicite o esplicite imitazioni che tuttavia non possiedono le medesime qualità artistiche
– Le mostre multimediali
grazie a collaborazioni con enti museali, istituzioni teatrali e scolastiche abbiamo potuto allestire negli anni diverse esposizioni multimediali dedicate al contempo a grandi testi classici e ai contributi di grandi artisti per rappresentarli, illustrarli, metterli in scena e riscriverli. Mostre come quelle dedicate al ciclo dell’Anello del Nibelungo di Richard Wagner rappresentato per immagini da Franz Stassen e Arthur Rackhan organizzate con l’Associazione Wagner di Venezia e il Teatro La Fenice, o quella dedicata a La Tempesta di William Shakespeare rappresentata per immagini da Edmund Dulac e Arthur Rackham, o quella dedicata a Rossellini Umanista attraverso le immagini dei suoi fotografi di scena, per il Centenario della nascita di Roberto Rossellini, ci hanno permesso di sperimentare un tipo di narrazione per testi letterari e immagini facendo interagire gli uni e le altre sia in percorsi fisici in sala sia in percorsi multimediali recitati e animati
– Gli spettacoli poliespressivi
grazie alle partnership con teatri musicali e conservatori abbiamo potuto realizzare alcuni spettacoli dal vivo e successivamente in streaming online in cui abbiamo sperimentato l’integrazione tra più piani espressivi e mediali nello stesso evento anche facendoli interagire dal vivo. Uno spettacolo come Storia di Babar l’elefantino ci ha permesso di realizzare un’esperienza che non ci risulta sia stata realizzata prima e di offrirla agli studenti e insegnanti che avevano adottato il nostro sistema di studio relativo allo stesso oggetto: un’orchestra formata da giovani musicisti europei riuniti e formati utilizzando fondi comunitari suonava dal vivo interagendo con voci recitanti di piccoli attori anch’essi formati per partecipare all’evento mentre noi montavamo e proiettavamo migliaia di sequenze ricavate animando le tavole di De Brunhoff e le sincronizzavamo dal vivo con la musica dell’orchestra. Per il Centenario Rossellini abbiamo realizzato uno spettacolo composito per far interagire le riscritture varianti di Rossellini e Poulenc con il progetto La voix humaine di Jean Cocteau; e sempre per il Centenario Rossellini abbiamo realizzato un film e una mini serie rimontando secon un progetto irrealizzato dell’autore i film di Roberto Rossellini facendone un unico racconto corale intorno a un medesimo tema “ tra occupazione e liberazione” ed espandendo poi il progetto per farne un affresco multimediale composto oltre che dai testi audiovisivi e letterari dello stesso Rossellini anche da quelli di suoi interlocutori a distanza, tra studiosi e narratori.
– Le edizioni reticolari di testi classici
dal momento in cui l’Istituto ha potuto godere dei diritti per uso educational di alcuni importanti testi scientifici come quelli del nostro mentore Alberto Cirese o come quelli di Roberto Rossellini, e dal momento in cui sono entrati nel pubblico dominio opere per l’infanzia come quella di Jean De Brunhoff, l’Istituto si è impegnato nel mostrare come si possa ripensare da un lato l’edizione di manuali di studio per renderli più agevoli a tale scopo, e dall’altro l’edizione di testi narrativi contro l’idea corrente che solo i primi possono essere idonei a una consultazione non lineare. La nostra edizione dell’opera di De Brunhoff, inserita all’interno del nostro sistema di fruizione e studio reticolare della stessa, mostra come l’edizione elettronica online esalti anziché limitare le possibilità sperimentate dagli stessi editori storici dell’opera di De Brunhoff, che la pubblicarono in molteplici articolazioni di diverso livello ma sempre inadeguatamente a causa dei limiti dei mezzi analogici, e di una pregiudiziale concezione di lettura lineare dell’opera narrativa che condiziona le possibilità stesse di apprezzarne le qualità artistiche.
– I sistemi di studio reticolari, ipertestuali e-learning
Sin dai primi tentativi fallimentari della cosiddetta editoria elettronica, nata offline e poi adattata all’online, ci siamo sentiti sollecitati ad elaborare e a far conoscere nuove soluzioni metodologiche e tecnologiche, più adatte a favorire lo studio dei testi artistici a tutti i livelli, da quello educativo scolare a quello professionale rivolto a insegnanti, studiosi e autori. A tale scopo abbiamo da subito coinvolto gli educatori nella sperimentazione dei nostri prototipi con diversi tipi di utenti.
Di seguito potete ricevere maggiori informazioni sui sistemi di studio reticolari, ipertestuali e-learning, perché ad essi abbiamo dedicato la maggior parte della nostra attività e delle nostre risorse, dal momento che l’Istituto stesso è nato con l’ambizione di contribuire a delineare i nuovi strumenti di studio del futuro.
Quando iniziammo la nostra attività eravamo concentrati sul mostrare, in particolare agli insegnanti, come praticare una didattica trasversale della composizione e della narrazione che stimolasse lo sviluppo dell’intelligenza e al contempo l’acquisizione di tutte quelle capacità metodologiche necessarie per poter trattare testi di ogni natura a dispetto delle divisioni settoriali scolastiche, soprattutto tra materie cosiddette scientifiche e umanistiche.
Già allora volevamo mostrare come lo studio delle correlazioni tra testi distanti tra loro, attraverso l’identificazione di principi universali condivisi, avrebbe riaperto nella scuola una prospettiva di studi umanistici basata sull’integrazione tra scienza e arte e con un’attenzione particolare allo sfruttamento ottimale delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie.
L’idea di costruire «sistemi di studio reticolari» è precedente all’impiego delle tecnologie più adatte per attuarla. Quando ancora eravamo necessariamente offline e addirittura legati a supporti analogici, avevamo già ipotizzato e iniziato a praticare un’attività di studio e didattica reticolare sfruttando la disposizione fisica degli oggetti di cui volevamo studiare e rappresentare le implicite correlazioni, e un uso meta-iper-testuale della scrittura scientifica per creare reticoli logici, prima che tecnologici, di relazioni tra oggetti esterni fisicamente distribuiti su diversi supporti analogici e depositati in archivi, biblioteche musei (n.b. con l’espressione “meta-iper-testi” ci riferiamo a testi che parlano delle relazioni tra testi, o più esattamente testi da noi elaborati in forma di studi scientifici per spiegare la natura delle correlazioni tra i testi artistici oggetto di studio). A tale scopo usavamo sia una nostra rappresentazione delle rispettive posizioni e dei nessi logici, sia le articolazioni dei documenti pensate dagli autori o conseguenti alle edizioni da noi consultate (riferimenti agli atti, alle scene, ai capitoli, alle pagine, al time code, alle tracce audio, …).
In quel periodo, dal momento che la reticolarità di cui parlavamo era esclusivamente logica, le nostre lezioni e i nostri studi erano articolati in tante parti con una codificazione alfanumerica tale che consentiva, da ogni punto di un nostro studio, di saltare sia con la memoria sia con lo spostamento fisico ai presupposti e agli sviluppi contenuti in altre parti (pagine dello stesso studio) o in altri studi. I nostri studi meta-iper-testuali contenevano inoltre rimandi a indirizzi fisici relativi a quelle sole parti degli oggetti di studio correlate indirettamente tra loro attraverso gli stessi nostri studi. Ma ogni utente doveva viaggiare materialmente per fruire degli oggetti di cui parlavamo; per coglierne le correlazioni doveva acquisirli interamente alle condizioni di acquisto/fruizione imposte del mercato o dagli archivi fisici dei detentori degli originali/copie e/o dei relativi diritti di accesso (soprattutto nel caso di libri e video inediti o non più editi disponibili sono in alcune biblioteche, in archivi specifici o nel mercato dell’antiquariato/usato), così da poter accedere alle parti da noi correlate attraverso i nostri studi. In altre parole noi creavamo dei «viaggi ipertestuali» tra testi oggetto di studio, presupponendo che l’utente dovesse possedere copia di quei testi o che la avrebbe acquisita per poter leggere/visionare/ascoltare le parti correlate durante il viaggio conoscitivo. Noi ovviamente avevamo nella nostra bibliomediateca fisica copie regolarmente acquisite di tutti i testi oggetto di studio, e potevamo così elaborare i viaggi virtuali sulla base della conoscenza di quegli oggetti di studio che connettevamo tra loro anzitutto con la memoria e poi con estratti (per uso educational) lungo i nostri viaggi esplorativi. Il nostro libro dedicato all’opera di Lubitsch come “sistema di variazioni” o quello dedicato alla “Conversazione ininterrotta” tra Truffaut e Hitchcock sono esempi di questa procedura. Il manuale di scienze demo-etno-antropologiche “Cultura egemonica e culture subalterne” scritto da Alberto Cirese, nostro mentore e maestro, è un altro esempio di quello che intendiamo con un «sistema pre-elettronico di studio reticolare».
Quando potemmo finalmente disporre di tecnologie elettroniche digitali – anche se ancora offline – l’integrazione tra metodologia e tecnologia cominciò ad essere più agevole, e così compimmo un salto che rese evidente – non solo a noi – come una rete ipertestuale di oggetti di varia natura potesse essere pilotata da un piccolo meta-ipertesto – di poco peso, di relativa complessità e implementabile con l’espansione di nuovi dati e relazioni – per cui tutti gli oggetti di studio e persino i presupposti teorici racchiusi in manuali cartacei digitalizzati sarebbero potuti rimanere completamente esterni ad esso per essere tuttavia richiamati, orchestrati, pilotati da esso stesso. In pratica noi fornivamo ai nostri utenti educational una cartella con una serie di file di poco peso che correlavano e pilotavano file molto pesanti esterni ad essi.
Già allora volevamo mostrare come, senza modificare gli oggetti di studio, senza aggiungere nulla ad essi, si potesse costruire un sistema di studio in grado di aiutare l’utente del sistema stesso a confrontare e studiare testi artistici (letterari, pittorici, musicali, teatrali, operistici, cinematografici) da più prospettive e a più livelli, indagando le soluzioni narrative e compositive presenti in quegli oggetto di studio, identificando i principi generali di narrazione e composizione utilizzati dagli autori, e scoprendo le relazioni «parentali» implicite tra i testi in base ai principi condivisi.
Fin dall’inizio avevamo ben chiaro per molte ragioni (anzitutto per distinguere il nostro lavoro da quello degli autori degli oggetti di studio) che non volevamo includere i testi oggetto di studio all’interno dei nostri studi, neppure come estratti, cosa che nelle nostre lezioni eravamo costretti a fare leggendo e mostrando le parti di essi che correlavamo. Non volevamo realizzare delle “edizioni deluxe” o “annotate” degli oggetti di studio, ma correlarli virtualmente come «nodi» di un sistema di studio, rispetto al quale noi volevamo essere autori solo del progetto e degli studi da diverse prospettive e a diversi livelli, lasciando così ai detentori dei diritti la gestione delle risorse correlabili e le loro modalità di distribuzione, e agli utenti la decisione di correlarle o meno acquisendone il diritto d’uso dai legittimi proprietari/editori.
Per realizzare i nostri primi progetti di sistemi reticolari bastava disporre di collegamenti via cavo da un pc – anche portatile – verso dispositivi di fruizione digitale interfacciabili con il computer, purché tali dispositivi fossero in grado di leggere vecchi e nuovi supporti di memorizzazione digitale – come i cd audio e i laser disc e finalmente anche i cd rom – per poter trattare questi ultimi non come oggetti chiusi e inaccessibili dall’esterno da gestire con apposito lettore (come i futuri dvd video e blu ray video chiusi e criptati con tracce inaccessibili e non linkabili dall’esterno) ma come veri e propri archivi di dati su disco, le cui tracce, cioè gli indirizzi fisici assoluti dei capitoli/brani/sequenze, erano raggiungibili attraverso i nostri meta-iper-testi di studio reticolare installati su computer e gestiti attraverso piccole applicazioni da noi stessi realizzate ottimizzando le possibilità offerte dai software di organizzazione ipertestuale delle informazioni allora disponibili (Hypercard di Apple, poi il kit della Voyager Company per realizzare «expanded-books», poi Storyspace della Eastgate, e altri ancora). I nostri sistemi erano in grado non solo di linkare gli oggetti esterni resi accessibili attraverso rack di dispositivi connessi al computer come un hyper-jukebox multimediale (formato da quei modelli di lettori di cd audio, di cd rom e di laserdisc pensati per essere pilotati da pc), ma anche di spiegare la natura di quelle correlazioni indirette e implicite, tra gli oggetti di studio, rappresentante e rese esplicite proprio dai nostri studi meta-iper-testuali (cioè studi sulle correlazioni implicite interne ed esterne ai testi artistici cioè sui meccanismi di funzionamento condivisi tra testi artistici che spiegano le loro affinità come varianti di medesimi modelli logici).
In quel periodo l’editoria elettronica nascente (e ben presto morente a causa delle miopi premesse da cui era nata) si ostinava a creare oggetti autonomi non correlati e non correlabili, assumendo a modello le edizioni analogiche autosufficienti dei testi letterari musicali e audiovisivi (libri, dischi e videocassette). Il «valore aggiunto» dell’«edizione elettronica» rispetto a quella analogica era ricercato in un surplus di «addobbi» o «farciture» del testo da fruire, mutuando l’idea dal «libro annotato» o degli «extra» e «bonus» inclusi nelle edizioni home video per collezionisti (cioè interviste agli autori, making, …). Il mondo dell’editoria elettronica cercava di promuoversi per la sola «utilità», «salvaspazio» e «salva alberi» delle nuove edizioni su disco. Theodor Nelson aveva già proposto un’idea di rete internet (agli albori) e di editoria aperta in cui fosse possibile linkare porzioni di testi creando assemblaggi temporanei e tuttavia senza prevedere la possibilità di creare meta-iper-testi per spiegare la natura di tali accostamenti (ma almeno evitando le ridondanti e illecite duplicazioni di cui la rete è sempre piena senza rispetto per gli aventi diritto dei testi). L’idea rivoluzionaria di Ted Nelson era stata subito boicottata da coloro che pensavano all’«alfabetizzazione» informatica come replica delle attività e degli strumenti da ufficio (un simulatore della macchina per scrivere, un simulatore della calcolatrice, un simulatore del tavolo da impaginazione, un simulatore della centralina di montaggio) e alla rete Internet come grande vetrina per continuare a vendere meglio prodotti offline.
Mentre accadeva tutto questo noi proponevamo di realizzare un modello di sistema di studio meta-iper-testuale che non contenesse dati ma addirittura sfruttasse dati esterni preesistenti, trattando cd audio e laserdisc (anche con i loro «extra») come veri e propri archivi correlabili a distanza dal nostro sistema cognitivo. Noi volevamo arrivare a sviluppare un modello logico e tecnologico di sistema di studio che non aggiungesse nulla negli oggetti di studio ma piuttosto creasse innumerevoli possibilità di correlazione indiretta tra di essi (nonché possibilità di implementazione sia dei dati che delle correlazioni), senza dover né includere né modificare gli oggetti – esterni – presi in esame. Quello che a noi occorreva, per realizzare i primi prototipi di sistemi di studio reticolari, era soltanto che i testi oggetto di studio e correlazione fossero «ancorabili», contenessero cioè ancore, timecode, codificazioni della loro intrinseca articolazione per permetterci di collegare i nostri studi non all’intero testo (per poi dover chiedere all’utente di cercare una pagina e un capoverso particolare) ma direttamente ai capoversi, alle scene, alle sequenze, ai movimenti musicali presi in esame e confrontati tra loro.
La nostra attenzione sin dai primi prototipi si concentrò su quei potenziali nonché ideali oggetti e strumenti di studio che chiamavamo pre-elettronici, in quanto già concepiti reticolarmente da chi li aveva creati (si vedano in proposito le nostre riflessioni sui testi che consideriamo «pre-elettronici»). Al contempo dovevamo fare di necessità virtù sfruttando possibilità tecnologiche limitate (da una progettazione miope) di software pensati per realizzare oggetti autonomi ma non correlabili, sul modello del romanzo con le note critiche, o del manuale con l’antologia.
Noi non volevamo creare oggetti contenenti testi dipendenti tra loro e per di più gerarchicamente (il racconto commentato o il saggio esemplificato antologicamente). Noi volevamo creare sistemi di oggetti indipendenti tra loro ma anche correlabili tra loro, partendo indifferentemente dall’oggetto di studio (per scoprire con quanti studi e con quali prospettive poterlo analizzare) o partendo dagli studi e dalle prospettive di studio per conoscerne le applicazioni testuali in innumerevoli oggetti di studio.
Avevamo mostrato, con l’aiuto di informatici ed editori americani dalle menti un po’ più aperte, quali prospettive si sarebbero potute aprire sfruttando le possibilità – al di là di quelle previste dagli sviluppatori – di un piccolo software integrato con altri per pilotare lettori di laser disc, lettori di cd audio e di cd rom direttamente dal nostro meta-iper-testo, che così avrebbe potuto contenere «solo» una molteplicità di studi sulla natura delle correlazioni implicite tra testi oggetto di studio esterni ad esso, anche in varie forme espressive e mediali (ad esempio i saggi e le interviste, in forma letteraria, radiofonica, audiovisiva, insieme ai film realizzati da Alfred Hitchcock e da François Truffaut).
Non c’era ancora internet disponibile se non per le mail, non c’era la banda larga almeno nel nostro paese, e Apple aveva appena rinunciato a uno dei suoi progetti più innovativi, per quanto complicato nell’uso da una faticosa programmazione (Hypercard). Ma noi stavamo già lavorando a una nuova versione dei nostri sistemi, prevedendo che, non appena la rete ce lo avrebbe concesso, avremmo messo online l’intero sistema di studio reticolare, compresi tutti i dati a cui puntare dalle nostre lezioni/studi meta-iper-testuali.
Per anni, prima dell’arrivo della rete internet e del cloud, prima dello spostamento online degli archivi tanto da parte delle Istituzioni culturali quanto da parte dei distributori di contenuti (basti pensare a Netflix che passò da distributore offline di contenuti homevideo su ogni tipo di supporto a piattaforma video online in streaming), i software pensati per lo sviluppo di sistemi ipermediali «incollavano» gli «oggetti di studio e del discorso» all’interno dei medesimi file insieme agli studi e ai discorsi, per cui creare un sistema di studio come quello che noi abbiamo dedicato a Lubitsch o a Truffaut e Hitchcock comportava la creazione di file giganteschi e l’inclusione di materiali esterni all’interno del proprio lavoro, come dire che per scrivere un saggio su Alice nel paese delle meraviglie bisognava inglobare il testo di Carroll, magari frammentato, nel proprio studio (con relativi problemi di diritto mascherati da ampie «citazioni»), oppure rimandare il lettore all’edizione del testo in suo posseso, dandogli dei riferimenti alla pagina e al capoverso.
Per superare questa situazione noi volevamo mostrare, prima ancora della completa transizione online, che potevamo offrire ai nostri utenti un sistema di meta-iper-testi di nostra proprietà che contenesse solo collegamenti virtuali a indirizzi di dati esterni ad esso, senza dover modificare le «risorse correlate» rese disponibili da altri soggetti (musei, biblioteche ma anche distributori di contenuti online) intendendo per risorse correlate sia le opere artistiche, cioè i nostri oggetto di studio, sia le opere scientifiche, cioè i presupposti teorici dei nostri studi. Nel nostro «pacchetto» non erano inclusi anche i file dei «correlati» (libri, film, opere musicali) neppure come «estratti»; e questo implicava che noi non avremmo dovuto acquisire i relativi diritti per offrirli poi ai nostri utenti insieme a quelli relativi al nostro lavoro; significava distinguere finalmente tra il nostro lavoro, di studiosi e di didatti, e quello dei distributori di contenuti. Di conseguenza i nostri utenti avrebbero potuto acquisire l’accesso ai contenuti virtualmente correlati – e i diritti ai relativi – non da noi ma dagli aventi diritto; inoltre, in molti casi, gli stessi utenti avrebbero persino potuto scoprire di averli già a disposizione sotto forma di cd audio o laser disc.
La nostra proposta metodologica, tecnologica e editoriale sull’esempio del sistema “Xanadu” di Theodor Nelson si opponeva alla scandalosa e fallimentare proposta, allora ampiamente diffusa, del “pacchetto multimediale”. Il pacchetto consisteva nell’assemblare in una nuova «confezione»: un cofanetto cd audio, relativo ad esempio ad un’opera come Il flauto magico di Mozart (l’edizione di cui il distributore possedeva già i diritti); un saggio divulgativo sull’opera; una biografia dell’autore; il libretto dell’opera; e «virtualmente» (per accordi con il relativo distributore) un laser disc relativo a una famosa messa in scena dell’opera stessa; il tutto collegato meccanicamente e automaticamente attraverso un programmino su dischetto che permetteva di pilotarli, «evitando» all’utente di doversi spostare fisicamente per cercare nella propria libreria e aprire separatamente il libretto del Flauto Magico, uno o più libri di studi sul Flauto magico (ausili cioè per tentare di comprenderne la costruzione narrativa, letteraria, musicale e visiva), uno o più cd audio (per ricercare e ascoltare, con l’apposito telecomando, la traccia audio di una delle tante esecuzioni orchestrali relative alla scena letta nel libretto), ed eventualmente anche il laser disc, o il nastro VHS, relativo a una delle tante messe in scena pubblicate (per ricercare e vedere con l’apposito telecomando la traccia video di una messa in scena relativa alla medesima scena). Qual’era dunque il vantaggio del pacchetto multimediale? Evitare quello che facciamo tutti, cioè spostarci fisicamente per cercare cose da leggere/ascoltare/vedere stimolati da altre cose già fruite? Quello di avere un dispositivo che piloti tutti gli altri dispositivi senza usare tanti telecomandi? Quello di poter comperare insieme tante risorse vendute o offerte separatamente da tanti soggetti? Paradossalmente i pacchetti costavano più della somma delle parti ma non offrivano alcun «valore aggiunto» (che non fosse il collegamento automatico tra le parti), tale da giustificare l’investimento.
Quello che per noi, invece, costituiva già allora il «valore aggiunto» su cui ritenevamo che valesse la pena sperimentare e investire, era la possibilità di creare, con le nostre capacità, la nostra esperienza, le nostre abilità, un sistema di meta-iper-testi correlati tra loro per identificare e spiegare le correlazioni implicite tra le parti di un testo o tra testi oggetto di studio in base a principi generali condivisi. Questo modo di concepire il sistema di studio, mantenendo ben separati i correlati esterni (i testi artistici di cui ci occupavamo nelle edizioni disponibili e accessibili), ci permetteva di offrire uno strumento cognitivo composto esclusivamente da:
– un file ipertestuale contenente i nostri studi multiprospettici del testo oggetto di studio correlati bidirezionalmente sia tra loro sia con le definizioni di principi teorici assunti nei nostri studi;
– il programma per gestirlo, sostituito poi dai browser e i player multimediali disponibili online da scaricare o già integrati nel sistema operativo usato dall’utente;
– i soli indirizzi fisici (non ancora online) che puntavano alle tracce dei laserdisc o dei cd o dei manuali teorici digitalizzati e memorizzati (da noi o dall’utente o da un editore) su cd rom.
Per quanto riguarda i manuali teorici correlati ai nostri sistemi, sostenevano che chi avesse già comperato un manuale cartaceo potesse disporre del diritto di trasferirlo su floppy disc o su cd rom per farne un «ebook» con «ancore» per una migliore consultazione, e perciò, dispondendo dell’edizione cartacea (l’unica allora disponibile) potesse consultare legalmente i testi virtuali che noi avevamo presupposto in suo possesso e da noi correlati digitalmente come presupposti teorici dei nostri studi. In fondo i distributori di musica da tempo hanno previsto che insieme al cd audio l’utente possa ricevere anche i file mp3 online da scaricare o l’accesso ai file online da ascoltare da qualunque dispositivo. E come mai invece nell’editoria non solo si ostacola e boicotta in tutti i modi chi propone edizioni digitali dei libri, ma chi le offre non fa lo stesso? Perché dobbiamo scegliere tra il libro cartaceo o l’edizione digitale? Perché non possiamo avere diritto ad entrambe? E se ce la creiamo da noi, scansionando il libro, diventiamo dei pericolosi pirati anche se non diffondiamo la copia digitale?
Al contempo mostravamo che i laserdisc distribuiti da grandi società come la Disney o la Criterion, e i cd audio spesso già in possesso degli utenti, potevano diventare, nel loro insieme, l’archivio di risorse a cui mirare attraverso un sistema di studio come il nostro; non un sistema di semplice ricerca, ma di studio, perché i sistemi ipertestuali che costruivamo non si rivolgevano solo a chi già sapeva cosa cercare, ma anche a chi voleva acquisire criteri più raffinati (nuove competenze oltre che nuove conoscenze) per orientarsi nel mare delle informazioni non ancora online ma depositato su tante memorie raggiungibili attraverso strumenti logicamente e tecnologicamente reticolari come i nostri.
Una svolta nella gestione dei correlati esterni avvenne quando realizzammo l’esperimento che consisteva nel riuscire a linkare da un nostro sistema di studio parti di uno stesso film memorizzato su un server a distanza, sfruttando e sviluppando la possibilità offerta dall applicazione quicktime (ma concepita e limitata solo per l’offline) di creare «alias» di collegamenti a parti di un medesimo video.
Da allora, in numerose sedi ufficiali mostrammo, sia a specialisti sia al grandi pubblico, come potevamo realizzare prototipi di sistemi di studio della narrazione audiovisiva sotto la guida virtuale di due maestri come Truffaut Hitchcock o del maestro dei maestri Ernst Lubitsch.
Questa nostra idea di edizione elettronica si scontrava con quella degli editori interessati solo a rivendere in nuovi edizioni digitali ciò di cui possedevano i diritti, e non a consorziarsi tra loro per offrire dei sistemi di studio insieme scientifici artistici e didattici per integrare manuali e oggetti di studio e creare così dei nuovi strumenti per comprendere meglio i testi e per acquisire gli strumenti adatti tanto per analizzarli che per costruirli (manuali di studio analitico e progettuale integrati con testi esemplari per acquisire competenze ma anche per esercitarsi ad applicarle). Editori, musei e teatri ci chiedevano infatti di aiutarli a rieditare e promuovere quello che avevano in catalogo o cartellone ma non mostravano alcun interesse per l’opportunità di creare nuove tipologie di prodotti-strumenti che acquisissero valore proprio dalle correlazioni tra le risorse indirettamente correlate dai sistemi di studio, che favorissero lo studio dei testi artistici e al contempo lo studio delle teorie scientifiche sperimentadone l’applicazione come strumenti di indagine e di progettazione testuale.
In questa nuova prospettiva, proprio all’uscita del primo “expanded-ebook” su floppy disc da parte di una società che intendeva rappresentare lo stato dell’arte nell’ editoria elettronica – si trattava della versione ipertestuale della famose edizione annotata di Alice nel paese delle meraviglie – cogliemmo l’occasione per mostrare che cosa significasse per noi realizzare (ottimizzando le possibilità di Hypercard notevolmente sottoutilizzate nella creazione di un libro digitale lineare) la versione elettronica reticolare (non «espansa») di un classico della narrazione per l’infanzia come Alice nel paese delle meraviglie. Noi intendevamo non semplicemente addobbare il testo di Carroll con più illustrazioni e più note rispetto alla versione cartacea, ma trasformarlo in una serie di nodi e integrarlo in un sistema di correlazioni dove insieme ad altri testi di Carroll e di altri narratori, insieme alle immagini di tanti altri illustratori oltre Tenniel, insieme a riscritture e messe in scena tratte da quel libro, si introducevano non generici saggi sul testo o semplici note unidirezionali a piè di pagina (tecnologicamente mutate in popup apri e chiudi) ma una molteplicità di studi dello stesso testo da più prospettive, a più livelli e scena per scena, e persino le teorie presupposte degli studi – logici linguistici matematici – da noi ritenuti necessari per comprendere la complessità del testo di Carroll.
Ma soprattutto mostravamo come in un sistema reticolare si potesse partire, per fruirlo, non solo dall’oggetto di studio ma anche dagli studi o dalle teorie presupposte degli studi. Partendo dagli studi scena per scena, che punto per punto linkavano il testo di Carroll e altri testi dello stesso autore o di altri autori correlandoli tra loro indirettamente attraverso lo stesso punto di vista analitico – principio narrativo mostravamo che i meccanismi usati da Carroll in un punto del suo capolavoro erano gli stessi usati da lui stesso o da un altro autore in un altro testo, e che questo creava delle importanti correlazioni narrative in forma di domande/risposte tra di essi. Partendo dal testo di Carroll scena per scena mostravamo con quante e quali prospettive scientifiche si poteva studiarlo, adeguate a metterne in luce la complessità di piani e di aspetti. Inoltre nel sistema i presupposti teorici degli studio non rimanevano impliciti ma erano raggiungibili anch’essi, dagli studi, collegandoli ai manuali di logica presupposti tanto dell’opera di Carroll quando degli studi di logici come Martin Gardner.
In questa costruzione labirintica, che integrava molteplici opere narrative, molteplici studi e molteplici teorie scientifiche, il nostro contributo non si limitava a orchestrare materiali preesistenti, ma comprendeva l’elaborazione di studi rigorosi e adeguati per analizzare ogni scena da diverse prospettive scientifiche (cosa che ci distingue da coloro che conducono lo studio testuale da una sola prospettiva – quella che caratterizza lo studioso – e mai scena per scena, ma solo esemplificando per alcune scene ben scelte la bontà della teoria assunta per studiarlo).
Il sistema di studio consentiva di esplicitare le prospettive scientifiche adottate nei nostri stessi studi per fare di esse stesse oggetti di studio nel sistema ma anche per poterne ricercare applicazioni in ogni punto del testo di Carroll in cui lo stesso autore si era servito quei meccanismi per farlo funzionare. Attraverso lo studio teorico e applicativo dei principi narrativi utilizzati dallo stesso Carroll potevamo far emergere correlazioni tra le parti del testo e con altri testi, normalmente invisibili a quanti non conducano studi sistematici, e tuttavia correlazioni che Carroll stesso aveva previsto dal momento che aveva costruito il suo testo con lo stesso rigore e con gli stessi principi. Mostravamo infatti che il testo di Carroll contiene domande e risposte che inducono il lettore a spostarsi con la memoria da una scena all’altra, a richiamare altri testi già letti e persino a supporre l’esistenza di altri testi non letti e forse non ancora scritti che attuino varianti non attuale nel testo di Alice.
Eravamo sulla buona strada, lo sapevamo e lo abbiamo capito quando un critico, Guido Fink, vedendo e apprezzando la prima versione del nostro sistema dedicato a Ernst Lubitsch il maestro dei maestri dell’arte della narrazione audiovisiva, ci sfidò a condurre un lavoro analogo sull’opera di Rossellini. Raccogliemmo volentieri la sfida, e quando ci fu offerto di lavorare sull’opera di Rossellini conferendo i diritti d’uso dai suoi legittimi eredi per poter sviluppare il sistema di studio, scoprimmo che lo stesso Roberto Rossellini – come si poteva desumere dai suoi numerosi scritti in parte inediti – aveva immaginato un sistema di studio, addirittura «polienciclopedico», per connettere, attraverso di essa i laboratori di ricerca di grandi umanisti del passato e del presente. Così ci lanciammo nell’impresa più ardua e faticosa mai affrontata, soprattutto perché ci lasciò senza risorse economiche e senza aiuti quando, finite le celebrazioni per il Centenario della nascita dell’autore, ci furono tagliati i fondi necessari per continuare. Ma quell’impresa ci fece capire che in Roberto Rossellini avevamo trovato un nostro maestro e collaboratore indiretto, che ancora continua a ispirare le nostre ricerche e i nostri progetti. Come beffa dopo il danno, approfittando dell’interruzione del nostro lavoro, altri hanno creato succedanei fuorvianti per presentare Roberto Rossellini come un divulgatore di storia con i mezzi audiovisivi, tradendo così il progetto umanistico rosselliniano da noi raccolto e sviluppato, che vi invitiamo a leggere e a visionare direttamente nello spazio del portale dedicato ad esso.
Invece un collaboratore diretto, oltre che nostro maestro e mentore, è stato Alberto Cirese, il grande antropologo, che oltre a sostenerci e consigliarci in ogni progetto, ci ha incoraggiati a progettare quel manuale di scienze demoetnoantropologiche che in nuce è già abbozzato nell’insieme dei suoi studi metodologici e in particolare in quel manuale pre-elettronico da lui scritto e pubblicato in forma cartacea (Cultura egemonica e culture subalterne) contenente soluzioni logiche e grafiche pensate per una consultazione reticolare. Ma con il pensionamento e poi con la morte di Cirese non abbiamo più trovato alleati per portare avanti quel progetto.
Quando avviammo il “Laboratorio Shakespeare” avevamo in mente di realizzare dei nuovi prototipi, e anche se il progetto fu abbandonato dall’Ente teatrale nostro partner – non più interessato a investire nell’educational – noi decidemmo di investire tutte le nostre risorse nello sviluppo di almeno un prototipo completo di una nuova tipologia di sistemi di studio realizzabili implementabili e fruibili unicamente online.
Realizzammo così il prototipo del sistema dedicato a Romeo and Juliet; Agostino Lombardo, un altro nostro illustre mentore, avrebbe voluto presentare e promuovere lui stesso il progetto più complesso a cui stavamo lavorando, ma i tempi lenti di sviluppo, causati dalle scarse risorse, ci impedirono di mostrargli il prodotto finito prima della sua morte. Tuttavia riuscimmo a completare il prototipo e a mostrare in più occasioni pubbliche cosa avremmo potuto fare fare con la banda larga e il trasferimento di tutta la nostra attività online. Grazie a quel prototipo capimmo infatti ci fu più chiaro come avremmo potuto sviluppare una nuova generazione di sistemi di studio reticolari online con adatti a far funzionare tanto a una scuola di base – l’edumediateca – quanto ad una professionale – la scuola di narrazione poliespressiva – che eravamo pronti a realizzare e gestire completamente online.
Da quel momento abbiamo capito che il nostro lavoro deve puntare da un lato a valorizzare archivi di grandi autori del passato inerti e irrelati, dall’altro a creare nuovi manuali di studio di narrazione e composizione intesa come scienza umanistica integrata; manuali del futuro basati sullo studio dei testi classici, sul ricavare da essi insegnamenti di carattere generale, e sull’adottare i grandi autori del passato come maestri virtuali degli autori del futuro. Abbiamo capito che in questo paziente lavoro di ricostruzione del tessuto umanistico c’è la chiave per rispondere al degrado culturale in cui viviamo, per ricucire lo strappo con la tradizione umanistica, per formare nuovi artisti e per rilanciare gli studi umanistici stessi. Abbiamo capito che creare i nuovi strumenti di studio e valorizzare gli archivi della tradizione umanistica sono due facce della stessa medaglia, perché proprio quegli archivi possono diventare i manuali di studio delle competenze straordinarie racchiuse in essi. Basata solo sapere come fare. E noi ora lo sappiamo.
In questo stesso sito potrete leggere delle nostre scoperte, delle nostre elaborazioni teoriche e metodologiche in relazione agli elementi costitutivi della narrazione, ai principi narrativi, e ai modi per esplorare e rappresentare le correlazioni implicite interne ed esterne ai testi presi in esame in base ai principi condivisi. Come abbiamo più volte sottolineato, la nostra ricerca è volta allo studio delle correlazioni non immediatamente percepibili (per le altre basta un programma per trovarle) e dei criteri di correlazione, la cui definizione va ricercata in testi scientifici dimenticati dagli attuali corsi di studi universitari. In questa prospettiva una parte dei nostri sforzi è rivolta alla ricerca e alla sperimentazione della tecnologia più adatta a rappresentare la rete di correlazioni. Per agevolare questo cammino abbiamo intenzione di sviluppare un software apposito dopo aver adattato per anni dei software non nati per fare quello che facciamo noi. Ma dobbiamo avere anche i partner giusti. Al momento vogliamo ricordare due compagni di viaggio: the Gutenberg Project, che oltre a mettere online testi fuori dai diritti, li rende accessibili capoverso per capoverso attraverso ancore, e poi Youtube che genera automaticamente con un timecode i link ai punti dei testi audiovisivi che si vogliono raggiungere da studi esterni ad essi come quelli meta-iper-testuali che caratterizzano la nostra attività.
Nostro costante punto di riferimento in questo lungo cammino è stata la distribuzione musicale: quando tutto il mondo editoriale era ancora analogico, … la musica su cd ci offriva archivi di musica con tracce raggiungili e leggibili da un semplice lettore o meglio rack di lettori di cd audio collegabili e pilotabili da un PC. Quando la distribuzione degli audiovisivi scopriva i dvd e i bluray e nascevano le prime edizioni elettroniche su floppy e cd rom, … la musica era già online con Itunes e si potevano acquistare i singoli brani o esportare come tracce audio online le proprie digitalizzazioni di dischi regolarmente acquistati e addirittura sostituirle con le tracce online messe a disposizione dagli aventi diritto per la distribuzione su Itunes. Quando il Kindle di Amazon ha operato un salto fondamentale per tutta l’editoria (seguito per necessità dagli altri distributori di libri) offendo edizioni fruibili attraverso un piccolo dispositivo portatile e poi attraverso qualunque dispositivo mediante un software rilasciato da Amazon stesso, e sono stati finalmente riconosciuti i nuovi formati di lettura e scrittura per l’editoria elettronica dopo l’inadeguato pdf (primo tra tutti l’epub con tante varianti), quando il cinema e le serie sono passate online con i grandi distributori di contenuti attenti per lo più a novità e a titoli selezionati per il pubblico di massa, … la musica aveva già raggiunto con Spotify la distribuzione illimitata, proprio mentre l’idea di un abbonamento unlimited per la letteratura, offerto da Kindle Amazon veniva ostacolata se non sabotata dai tanti editori che non accettavano di farne parte preoccupati di perdere i maggiori guadagni ottenuti con l’editoria analogica, … così ora, mentre le offerte in abbonamento per cinema e serie rispecchiano ancora il modello televisivo generalista, Spotify offre ai propri abbonati l’accesso diretto a singole tracce online come indirizzi assoluti dall’esterno. È chiaro che come è sempre avvenuto in passato la tecnologia può sollecitare o frenare la crescita culturale di un paese. Ci piace fantasticare su quello che avremmo potuto già realizzare se la rete Internet avesse seguito il modello proposto da Theodor Nelson piuttosto che quelli del selvaggio West o della vetrina per la vendita della merce offline. Non possiamo che augurarci che prima o poi inevitabilmente tutti i distributori di contenuto online seguano l’esempio di Spotify, di Gutenberg Project e di Youtube, che offrono l’accesso dall’esterno a singole tracce/scene con ancore e timecode.
Continuiamo a pensare che la distribuzione musicale essendo sempre un passo avanti indichi ancor più esplicitamente la via da seguire. Noi vogliamo augurarci che in un prossimo e non lontano futuro tutti i beni artistici siano online e offrano accesso dall’esterno, a condizioni che da un lato beneficino gli aventi diritto e da un altro consentano a fruitori educational di poterli consultare e studiare anche solo parzialmente senza dover soggiacere ai sovrapprezzi e al lucro di una distribuzione offline che penalizza gli utenti anche solo mettendo fuori catalogo testi classici che dovrebbero far parte degli oggetti e degli strumenti di studio per formare le nuove generazioni.
Vi invitiamo in proposito a leggere le nostre proposte e considerazioni riguardo semplici passi che potrebbero essere seguiti da un lato dagli editori scolastici per migliorare il problema dell’istruzione a tutti i livelli, e da un altro lato cosa potrebbe fare un distributore come Amazon per superare d’un colpo il problema della scomparsa dei testi non solo letterari dai cataloghi degli editori e del conseguente lucro da parte del mercato dell’usato/antiquariato in relazione ai titoli non più editi.
Da parte nostra noi miriamo ad offrire a condizioni educational, gratuiti o dietro contributi alle sole spese, sistemi di studio che possano favorire la scoperta di documenti correlati dagli stessi sistemi e raggiungibili online, senza includerli materialmente (ma solo virtualmente come correlabili) nei nostri sistemi, e rimandando agli aventi diritto il problema di fissare le condizioni per dare accesso a porzioni o all’interezza dei testi online. Così, se un avente diritto stabilirà che per dare accesso ai materiali in proprio possesso l’utente dovrà sborsare una somma eccessiva, finirà per avere pochi accessi, mentre se stabilirà una somma equa avrà molti accessi, e se li offrirà gratuitamente potrà promuovere più facilmente l’acquisto dell’intera opera grazie alla promozione indiretta che riceverà dall’interazione tra parte dei propri testi con gli altri correlati dai nostri sistemi.
Saranno comunque gli utenti a decidere se attivare i link contenuti nei nostri sistemi scoprendo in taluni casi di possedere già le risorse correlate e in altri di avere un incentivo ad acquisirle alle condizioni stabilite dagli aventi diritto e da coloro che avranno messo online tali risorse. Noi ci limiteremo a fornire gli indirizzi dove trovare online tali risorse.
Riteniamo valga la pena soffermarci su un’ultima questione riguardante la nostra attività di costruttori di sistemi di studio reticolari. Durante il lungo percorso di ricerca che ci ha portati a delineare il modello di sistema di studio reticolare intorno a cui stiamo sempre lavorando anche per trovare soluzioni tecnologiche adeguate alla sua architettura logica, abbiamo dovuto affrontare diverse complicazioni, dovute all’inadeguatezza delle condizioni in cui abbiamo operato e in cui ancora operiamo. Queste complicazioni riguardano diversi piani e aspetti del nostro lavoro:
– I software
anche se ora proliferano applicazioni per creare mappe e labirinti, queste sono ancora condizionate dal pregiudizio ideologico dell’inizio e del centro, come se l’idea di labirinto assunta implicitamente fosse solo quella riduttiva con unico ingresso e un’unica uscita, Anche se il pdf è ancora il formato elettronico più diffuso in cui sono pubblicate le edizioni digitali (peraltro il più accettato, non senza fondamento, dalle biblioteche, in quanto consente di far riferimento a pagine proprio come le edizioni analogiche) è tuttavia ancora il risultato di un adattamento di un formato non nato per la fruizione online e perciò ancora inadatto a tale scopo; il suo scopo primario (quello di mandare in stampa libri incorporando le font e mantenendo l’impaginazione) continua a condizionarne lo sviluppo: non solo non consente di linkare singole pagine ma solo l’inizio del file, ma il suo peggior difetto è che quando viene aperto da un browser, si scarica automaticamente sul dispositivo dell’utente e di conseguenza i link relativi che partono da esso non funzionano più perché sono ricercati sul dispositivo e non online.
Ad oggi alcuni dei software concepiti per l’iperedialità funzionano offline e addirittura per alcune piattaforme e non altre.
L’epub, il formato più diffuso per la lettura degli ebook online, ha ancora possibilità di editing molto limitate. L’edizione online, nella concezione dei programmatori, deve imitare quella offline o esserne un succedaneo limitato; sempre secondo gli sviluppatori il prodotto online deve essere solo fruibile e non implementabile online, per cui anche i software per sviluppare funzionano solo offline. La gestione delle informazioni offline o online è sempre gerarchica: i data base sono l’unico strumento reso disponibile per gli utenti ma questi funzionano solo per chi sa cosa cercare. Chi sviluppa algoritmi per offrire agli utenti un supporto nella ricerca di nuovi contenuti da fruire non ha né interesse né le capacità per aiutarlo a crescere, vuole sfruttare il suo gusto degradato anziché aiutarlo ad affinarlo acquisendo strumenti per leggere e rileggere oltre che oggetti da leggere. Anche per questo le funzioni dei player sono estremamente limitate presupponendo che l’utente non studi i testi ma li legga soltanto come ha sempre fatto offline.
– Gli oggetti di studio
non tutti gli oggetti di studio sono trattabili reticolarmente, alcuni – quelli non artistici, quelli che non sono articolati in parti interrelate, quelli che dialogano solo con se stessi – non sono adeguati per farne nodi di sistemi reticolari
– Gli studi
Ancora oggi nel concepire un’edizione didattica di un testo artistico si parte dall’oggetto di studio appendendo ad esso correlati unidirezionali e dipendenti da esso. I correlati sono considerati le note a piè di pagina, non altri testi con cui esso condivide principi di funzionamento, varianti di medesimi modelli logici, né tanto meno studi per far emergere le soluzioni presenti nel testo e principi utilizzati dall’autore per comporlo. In queste edizioni non si distingue tra correlati iso e meta testuali, cioè tra quei correlati che sono allo stesso livello dell’oggetto di studio come suoi complementi (le illustrazioni, la musica) e quelli che contribuiscono invece a spiegarlo, gli studi su di esso. Ogni testo sul testo viene trattato paradossalmente non come uno studio ma come una nota al pari delle illustrazioni, un commento al pari di un’opinione, un giudizio che non esplicita i criteri di giudizio e di conseguenza non è correlato né ad altre parti del testo (da confrontare dallo stesso punto di vista), né ad altri studi, né alle teorie presupposte. E le correlazioni che vengono create dal testo sono solo quelle esplicite, automatiche e immediate (e perciò non informative) che può fare anche una macchina (i riferimenti dichiarati). Gli studi sui testi, come accade fin troppo spesso nel mondo analogico, non sono condotti scena per scena ma piuttosto usano solo alcune scene come esempi per giustificare teorie presupposte o meglio pregiudizi ideologici e luoghi comuni. Per tutte queste ragioni questo tipo di studio (che non dovrebbe neppure essere chiamato studio) non può entrare a far parte dei nostri sistemi. Per le stesse ragioni quei manuali che forniscono giudizi senza esplicitare i criteri di giudizio, che non presuppongono teorie ma luoghi comuni, che cambiano implicitamente i criteri di giudizio per ogni oggetto di studio o parte di esso senza dare all’utente la possibilità di rifare i conti in tasca allo studioso e di applicarne gli insegnamenti, che implicano solo l’apprendimento mnemonico dei giudizi forniti dallo pseudo-studioso non possono essere né trasformati né inclusi in sistemi di studio digitali perché non possono essere reticolarizzati.
– I presupposti teorici degli studi
Se le teorie presupposte di uno studio non sono esse stesse rigorizzate ma vengono adattate agli studi come fa comodo agli pseudo-studiosi (vedi il metastudio di Cirese sull’uso inadeguato della logica booleana da parte di Claude Levi-Strauss) non sono reticolarizzabili e perciò non possono entrare a far parte dei sistemi di studio
– Le edizioni
Quelle edizioni digitali relative ai nostri oggetti di studio che non consentono accessi dall’esterno, che criptano i dati, che non offrono articolazioni e ancore nel testo, che sono leggibili solo con lettori specifici, non solo non aiutano lo studio e le attività educational come la nostra, non solo non supportano lo sviluppo dei nostri sistemi ma lo boicottano, presumendo che i fruitori siano pirati e che l’unico modo per fruire i testi sia autonomamente e linearmente. Quelle edizioni che accumulano documenti come semplici archivi gerarchici di file separati e autonomi non aiutano lo studio delle correlazioni e non valorizzano i dati di archivio se non come rarità per collezionisti e feticisti; per questi motivi non possono entrare a far parte dei nostri sistemi di studio
– Le modalità di distribuzione dei contenuti online
Le piattaforme i cui contenuti sono visibili uno ad uno interamente e linearmente proponendo unicamente una fruizione da spettatori in sala, da lettori di romanzi, non aiutano lo studio, ma presuppongono che i loro utenti siano solo interessati all’intrattenimento. La maggior parte di queste piattaforme a parte alcune specializzate, non considerano affatto i classici e neppure mantengono online i propri titoli, privilegiando le novità e i contenuti che garantiscono un successo di massa. Analogamente quelle edizioni su disco che presentano contenuti criptati e irraggiungibili utilizzabili solo per la visione continua e lineare e considerano pirata colui che estrae le tracce per poterle rendere gestibili come file articolati e correlabili all’interno di un sistema di studio costituiscono un freno e un ostacolo per il nostro lavoro e per la realizzazione dei sistemi di studio
In sintesi, per poter continuare a fare le cose che potete apprezzare studiando nella nostra Edumediateca e nella nostra scuola dobbiamo affrontare una quantità di ostacoli posti proprio da coloro che vorremmo come nostri partner, coloro che in un mondo attento alla crescita culturale dovrebbero prevdere e facilitare il nostro lavoro.
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