Le Nuove Botteghe Umanistiche
Gli Ambienti di Studio, Progettazione e Sviluppo, dove trasformiamo «oggetti» inerti e irrelati in «strumenti» di metodo per studiare, con la scienza, le soluzioni e le regole della narrazione artistica, per indagare l’architettura di capolavori immortali, per esplorare la rete delle correlazioni tra le innumerevoli varianti di modelli archetipici, e per scoprire i meccanismi narrativi e compositivi condivisi tra opere distanti tra loro nello spazio, nel tempo, e nelle forme espressive.
I Progetti della Bottega RaccontoInCanto
I Progetti della Bottega RaccontoInCanto
Studiare un autore: I Laboratori dedicati ai maestri della narrazione artistica in forma teatrale musicale
La scelta degli autori a cui dedicare un Laboratorio specifico, per esaminare scena per scena e per più di un capolavoro le soluzioni straordinarie da loro elaborate, è ricaduta necessariamente su coloro che più di altri, con le loro opere, hanno contribuito indirettamente a stimolare e supportare il nostro studio metodologico dei principi generali della narrazione artistica multiespressiva. Questi autori hanno infatti mostrato, attraverso i loro capolavori, come la narrazione artistica multiespressiva funzioni grazie ad architetture narrative labirintiche estremamente complesse, alla complementarità dei diversi piani espressivi, a una progettazione per variazioni su archetipi condivisi, e a una correlazione sistematica interna ed esterna di tutte le soluzioni narrative ed espressive elaborate per ogni progetto. Questi autori ci hanno fatto comprendere con chiarezza dove e come si debbano ricercare le regole invarianti e soluzioni varianti per indagare la struttura e i progetti di quei capolavori della narrazione artistica (non solo del teatro musicale) che utilizzano più forme espressive per rappresentare la complessità di piani narrativi con cui sono concepiti. I nostri stessi Sistemi di Studio Reticolare sono nati anzitutto per mostrare come proprio nelle opere senza tempo di questi autori sia racchiusa una insuperabile lezione metodologica riguardo al modo di narrare multiespressivamente in forma artistica; e come, di conseguenza, proprio in essi si debbano ricercare e apprendere i presupposti metodologici necessari per trattare con competenza la progettazione artistica. Nelle opere di quegli autori contemporanei che si sono ispirati ad essi, nel fare cinema con ogni forma espressiva, abbiamo trovato infatti i medesimi meccanismi e le medesime qualità che continuiamo ad apprezzare e ammirare nei capolavori di questi autori. La sistematicità riscontrata nelle opere perfette dei maestri del teatro musicale ci è sembrata sin dagli inizi della nostra attività un invito a considerare quegli autori come i tutor ideali per formare, attraverso i nostri Sistemi, le generazioni future che vogliano ancora cimentarsi con progetti narrativi multiespressivi senza rinunciare ad ambizioni artistiche. Aprendo questi Laboratori, dedicati ai maestri della narrazione artistica multiespressiva, abbiamo voluto riprendere lo studio sistematico della loro opera per poterlo arricchire progressivamente con nuove Tele Ipermediali; Tele che intendiamo realizzare anche con l’aiuto di quanti vorranno formarsi a tale scopo, dedicando tempo ad apprendere ciò che abbiamo già fatto emergere dai primi Sistemi dedicati al lavoro compiuto da questi straordinari maestri. Nell’opera di ognuno di questi autori c’è un tesoro di insegnamenti che abbiano cominciato a far riemergere, e che aspetta solo di essere disseppellito.
A Lezione da Wolfgang Amadeus Mozart, Lorenzo Da Ponte, Emanuel Schikaneder
Questo Laboratorio di narrazione, scrittura poliespressiva, e messa in scena si avvale della guida virtuale dell’autore che più di ogni altro ha saputo mantenere la narrazione musicale in sospeso fra tragedia e commedia; e riraccontando favole e leggende della nostra tradizione umanistica, ha mostrato come si creino non solo nuovi capolavori artistici ma anche nuovi archetipi, a cui autori di tutto il mondo continuano a ispirarsi per creare opere con ogni forma espressiva e mediale.
In questo Laboratorio di studio e progettazione prendiamo in esame le trasformazioni della commedia in commedia musicale, e la capacità autoriale di creare un flusso continuo di variazioni superando i limiti di genere e i condizionamenti delle fonti. Mozart, insieme ai suoi librettisti, fonde e trasforma i materiali su cui lavora, facendo propria la lezione shakespeariana di far volgere la commedia in tragedia e viceversa, evitando così le trappole di estremizzazioni senza ritorno. Come tutti i grandi artisti egli trae la materia della sua opera tanto dalla cultura popolare delle fiabe e delle leggende immortali, quanto dall’arte letteraria drammaturgica e musicale, mostrando, con l’esempio, come ogni capolavoro nasca variando su temi immortali e sviluppando le varianti da modelli archetipici condivisi con altri artisti. Lo studio delle soluzioni narrative ed espressive mozartiane costringe ad entrare in un dialogo ininterrotto con altri artisti suoi interlocutori e maestri, ma anche con i tanti eredi che dall’opera di Mozart hanno saputo trarre preziosi insegnamenti metodologici per realizzare nuovi capolavori senza tempo, non sono di teatro musicale. Il serio e il faceto sono categorie che nell’opera di Mozart vengono ridefinite e sfumate introducendo il contrasto dell’ironia e le gradazioni della commedia sofisticata; quella stessa che è giunta sino a noi grazie ad autori come Beaumarchais, a cui Mozart guarda trasformando la commedia dell’arte, l’opera buffa, in racconto psicologico. Dall’opera di Mozart si apprendono le forme di quella narrazione artistica che, anche senza introdurre eventi catastrofici, consente di studiare e rappresentare la complessità dell’animo umano attraverso gli slittamenti progressivi dei comportamenti dei personaggi da ordinari a straordinari. A Mozart basta provocare i loro cambiamenti interiori ed esteriori attraverso il loro incontro e confronto, mettendoli in situazioni eccezionali in cui siano costretti, dal Destino-Autore, a decidere e agire senza il sostegno degli automatismi e dei pregiudizi culturali della vita ordinaria. I racconti mozartiani sono composti come sogni a occhi aperti, recuperando quella dimensione metaforica della fiaba in cui i personaggi possono vestire temporaneamente i panni degli eroi per gioco e per scherzo che hanno popolato le illusioni e i divertimenti della loro infanzia. Grazie alla collaborazione con librettisti in grado di supportarlo nei suoi progetti narrativi multiespressivi, Mozart ritaglia per la sua musica un ruolo contrappuntistico che gli permette di portare il suo fruitore a condividere lo spettacolo della commedia umana dalla medesima posizione privilegiata da cui l’autore, con la sua voce musicale, rivela tutto quello che i personaggi cercano di celare a se stessi e agli altri personaggi.
A lezione da Gioachino Rossini, Jacopo Ferretti, Giuseppe Sterbini
Questo laboratorio di narrazione, scrittura poliespressiva, e messa in scena si avvale della guida virtuale dell’autore che più di altri ha saputo indagare e reinventare le forme della commedia, trasformando la favola di magia illustrata in commedia sofisticata multiespressiva. A questo autore va infatti riconosciuto anzitutto il merito di aver raccolto e onorato il testimone lasciatogli da Mozart; e con esso di aver completato, nel teatro musicale, la transizione avviata nel teatro di prosa da Moliere e poi da Goldoni e Beaumarchais, che, dalla rielaborazione dei canovacci della «commedia» dell’arte sono giunti fino a definire e perfezionare l’«arte della commedia». Rossini, ispirandosi ad essi e realizzando la versione musicale del Barbiere di Siviglia, ha avuto la possibilità di continuare sia il lavoro di quei grandi drammaturghi che quello del suo maestro Mozart, l’autore della versione musicale de Le nozze di Figaro. Per queste ragioni abbiamo voluto creare un Laboratorio apposito, per studiare le strategie e la complesse architetture narrative e compositive del maestro della commedia musicale, di colui che ha portato nella lirica l’eredità metodologica dei più grandi artisti della narrazione in ogni forma espressiva, e al contempo ha trasmesso agli autori suoi eredi un lascito di insegnamenti senza i quali non avremmo mai avuto il cinema musicale, che dall’opera rossiniana ha acquisito non solo la materia, narrativa ed espressiva, ma anche le forme, narrative ed espressive. La ricchezza dei suoi insegnamenti metodologici è inesauribile. Persino quando condivide la materia narrativa con l’opera buffa e l’operetta, Rossini, come il suo maestro Mozart, ci mostra come si evitano le derive delle soluzioni farsesche, costruendo soluzioni artistiche complesse che moltiplicano i tratti dei personaggi e i piani dell’intreccio, trasformando le maschere bidimensionali della Commedia dell’Arte in personaggi sfaccettati, e gli esili canovacci in intrecci labirintici.
Il teatro musicale di Rossini, come quello di Mozart, si rivela meta-teatro non appena se ne studiano le raffinate soluzioni autoriali, moltiplicate e oggettivate da quelle inefficaci dei suoi personaggi. Lo straniamento musicale mozartiano arriva qui al suo sviluppo più paradossale, dal momento che egli tratta i suoi personaggi-attori o presunti-autori sulla scena come veri e propri burattini, che ripetono strategie a imitazione di quelle più raffinate del loro autore; personaggi che «si bloccano» quando scoprono i loro errori di giudizio e di previsione. Gli intrecci delle commedie di Rossini, come il carattere dei suoi personaggi, costringono lo spettatore a riscoprire la logica del fiabesco ogni volta che essa prende puntualmente il posto del racconto realistico. Solo ad una prima lettura della sua opera il gioco degli equivoci sembra imporre intrecci verosimili che inizialmente appaiono più adatti a spiegare storie che presentano i tratti del racconto storico o della commedia degli inganni piuttosto che degli incantesimi. Ma proprio il piacere di seguire le complicazioni e gli scioglimenti paradossali di quei racconti ci fa riscoprire la capacità di incantarci e appassionarci che l’autore ha tratto dalla materia e dalle forme delle fiabe. Attraverso la costruzione di una serie di Tele Ipermediali correlate tra loro noi vogliamo mostrare come i drammi musicali rossiniani possano essere apprezzati pienamente solo accettando tutta la complessità di piani narrativi e finzionali che li fanno funzionare, che provocano la tensione, le preoccupazioni e il divertimento dello spettatore. Lo studio poliprospettico e multiplanare dell’opera di Rossini mostra che quello che progettualmente non funziona sul piano della commedia degli equivoci funziona invece perfettamente sul piano della fiaba, semplicemente inforcando un paio di occhiali più adatto, con cui guardare la medesima commedia musicale.
Attraverso l’opera di Rossini possiamo inseguire i fili che dalle tradizioni orali giungono fino a un capolavoro come la sua Cenerentola. Più in generale, attraverso la sua opera possiamo scoprire ed esplorare il dialogo tra le arti e gli autori che, attraversando ogni tempo, luogo, e forma mediale, arriva a lui e riparte da lui invitando ogni altro autore a confrontarsi con la sua opera e con gli archetipi che, proprio nella sua opera, trovano sviluppi perfetti e quasi definitivi. Studiare l’opera di Rossini e dei suoi librettisti si rivela la migliore palestra per imparare a padroneggiare le regole della commedia e le soluzioni dei maestri.
A lezione da Gaetano Donizetti, Felice Romani, Salvadore Cammarano
Questo Laboratorio di narrazione, scrittura poliespressiva, e messa in scena si sviluppa sotto la guida virtuale di un autore che è stato capace di trasformare storie leggendarie di origini popolari e storiografiche, letterarie e drammaturgiche, facendone racconti artistici multiespressivi e universali. Sull’esempio di Mozart possiamo studiare come Donizetti ricerchi un equilibrio “semiserio” tra commedia e tragedia, e come, per ottenerlo, attraversi tutti i gradi delle possibili trasformazioni del dramma, sfumando le fonti da cui egli trae il materiale drammaturgico. Assumendo ad oggetto la sua opera si può comprendere come egli ottenga, attraverso la moltiplicazione dei piani espressivi e narrativi, una maggiore profondità psicologica nel carattere dei personaggi e una maggiore complessità negli intrecci rispetto alle fonti da lui adottate. Ogni suo progetto sembra proporre un viaggio alla ricerca delle intenzioni più segrete dell’animo umano, un’indagine delle trasformazioni dei sentimenti che muovono le azioni dei suoi personaggi, dall’ingenua inconsapevolezza alla patologia psicologica. Inoltre ci propone un’esplorazione delle correlazioni tra i tanti racconti che si intersecano con le sue variazioni archetipiche, sollecitandoci a viaggiare tra le arti narrative per scoprire le varianti con cui ogni suo racconto instaura implicite connessioni. Attraverso le Tele Ipermediali che sviluppiamo in questo Laboratorio intendiamo esplicitare il complesso labirinto di dilemmi morali e di questioni metodologiche che l’autore invita a sciogliere, e che sollecitano tanto l’educazione sentimentale del fruitore dei suoi drammi musicali, quanto la formazione di un potenziale narratore multiespressivo. I progetti in cui Donizetti si è cimentato, portando la Storia e le storie nei suoi racconti musicali, sono sfide per la mente di chi li fruisce ma anche di chi li vuole studiarli per trarne quegli insegnamenti sul piano metodologico che le nostre Tele aiutano ad apprendere. L’opera di Donizetti, pur assumendo ad oggetto storie di tradizioni popolari di leggende e di cronache storiche, introduce proprio in esse una dimensione psicologica che contribuisce a concludere il processo di trasformazione che dalla Commedia dell’Arte e dal racconto di avventure conduce alla commedia sofisticata, al dramma psicologico, e al racconto di fantasmi interiori. Donizetti, come i suoi maestri e i suoi illustri colleghi, non esclude da questo processo quel pubblico che si nutre di romanzi di appendice e di farse; ma anzi si rivolge proprio ad esso, introducendolo a storie comprese e a racconti che lo sfidano ad affinare le proprie capacità investigative con l’esempio dei personaggi e con il suo aiuto. In questa prospettiva Donizetti si rivela un cantastorie moderno, che si serve non solo dell’oralità e del canto, ma anche di una musica orchestrale complessa, di una scrittura letteraria raffinata, e di azioni sceniche non stereotipate; in questo modo egli induce gli spettatori più esigenti ad apprezzare la sua opera anche attraverso il confronto con le fonti da cui egli trae la materia, e con le varianti, esplicite e non, con cui egli tesse correlazioni.
A lezione da Giuseppe Verdi, Giuseppe Piave, Arrigo Boito
Questo Laboratorio di narrazione artistica , di scrittura poliespressiva e di messa in scena, si avvale della guida virtuale dell’autore che ha saputo trasformare alcuni dei più grandi capolavori della letteratura e del teatro di prosa in altrettanti capolavori del teatro musicale. Il nostro interesse per l’opera di Giuseppe Verdi si è accresciuto negli anni studiando la sua straordinaria capacità di confrontarsi alla pari con il più grande autore del teatro inglese e di dar voce ai sentimenti inespressi degli straordinari personaggi dei suoi shakespeariani, ritagliando uno spazio per la musica dai monologhi e dal non detto previsti dallo stesso Shakespeare. Insieme ai suoi librettisti egli ha elaborato nuovi progetti narrativi per riraccontare i drammi di un suo maestro rispettandone l’architettura, e per metterli in scena utilizzando ogni forma espressiva proprio come lo stesso Shakespeare, in veste di capocomico, avrebbe apprezzato. Avviando questo Laboratorio abbiamo voluto valorizzare tutto il teatro di Verdi senza dimenticare che egli è l’autore che ha trasportato esplicitamente nella lirica anche il teatro di prosa di Byron, Hugo, Schiller, Dumas, e ci ha mostrato come sia possibile trasformare la drammaturgia e la regia del teatro di prosa in una coreografia progettualmente e rigorosamente multiespressiva. Per queste ragioni abbiamo voluto dedicare a Giuseppe Verdi un Laboratorio specifico in cui studiamo i modi con cui egli non solo integra, nei suoi progetti, tutte le forme di scrittura, ma addirittura elabora per essi le soluzioni più adeguate per metterli in scena. Il Laboratorio assume quindi ad oggetto anche le “Disposizioni sceniche” verdiane, insieme alle partiture e ai libretti, nonché a un vasto epistolario che rivela come l’autore abbia seguito la sua opera sotto ogni aspetto. Attraverso le Tele Ipermediali che creiamo in questo Laboratorio facciamo scoprire ai nostri utenti un Verdi meno noto, che ci guida, in veste di massimo esperto di «riscrittura multimediale», alla scoperta delle soluzioni presenti nella sua opera e in quella di tanti altri autori, che hanno condiviso con lui la passione e la ricerca riguardo la perfetta narrazione multiespressiva; in questa veste lo abbiamo adottato come nostro e vostro maestro, affinché, attraverso l’esplicitazione degli innumerevoli insegnamenti metodologici racchiusi nella sua opera, egli possa ancora partecipare alla formazione di nuovi autori, studiosi, e didatti, affinché essi imparino a indagare, rispettare e apprezzare la sua opera, e ad apprendere la lezione di metodo in essa racchiusa. Essi, inoltre potranno comprendere come studiarla e metterla in scena secondo i criteri con cui il maestro stesso l’ha concepita e realizzata raggiungendo i livelli più alti della narrazione artistica in forma musicale. Infine potranno acquisire dal maestro un modo di concepire la composizione multiespressiva e la narrazione multiplanare come facce di un’unica medaglia e come un modo di raccontare applicabile in ogni campo in cui la musica, le immagini, e la parole siano intese come componenti di un medesimo discorso per rappresentarne la complessità di livelli narrativi. Verdi, come altri grandi autori, ha sofferto ma ha anche goduto di una strumentazione ideologica, nella diffusione della sua opera, che lo ha reso famoso come il cantore nazionale soprattutto per chi, al suo tempo e oltre, ha voluto eleggerlo come rappresentante dei valori risorgimentali e nazionalistici. Quegli stessi che apprezzano la sua opera per le strumentalizzazioni ideologiche (come è successo ad esempio a Roberto Rossellini nel cinema) lo associano ancora oggi a un made in Italy male inteso; cioè a fenomeni di costume e intrattenimenti per turisti distratti che vogliono degustare odori, sapori, e musiche del nostro Paese in una versione sbiadita e farsesca del Gran Tour che alcuni teatri, e una politica culturale grossolana, hanno voluto cavalcare a scapito della qualità delle messe in scena e a sostegno del degrado culturale per dimostrarsi economicamente virtuosi e attenti al turismo di massa. Ma Verdi, come Puccini, e ancor più Wagner, ancorché colpito da strumentalizzazioni nazionalistiche, si rivela, a uno studio adeguato alla complessità della sua opera, un autore patrimonio dell’umanità. La sua opera insegna – a chiunque ancora voglia apprendere e non presuma di essere un talento nato – come si narra una grande storia con la musica. Le opere di Verdi come le opere di Shakespeare – a cui egli spesso si ispira non solo riscrivendole esplicitamente ma per come esse sono composte – non narrano dei costumi e delle consuetudini del tempo dell’autore, non «denunciano» i malcostumi del proprio tempo, e neppure quelli del tempo dei propri personaggi, ma narrano in forma drammatizzata e multiespressiva i conflitti, dilemmi e le contraddizioni dell’animo umano a qualunque latitudine e di qualunque tempo. Sono storie universali che affondano le radici nel mito, anche se contestualizzate in periodi storici e mondi verosimili in cui i suoi spettatori possono senza troppa fatica immedesimarsi. Ma Verdi come i suoi maestri colleghi e allievi trascina letteralmente il suo pubblico in avventure conoscitive in cui può crescere insieme ai personaggi, esplorando le regioni più segrete e celate dell’animo umano quando esso è costretto a svelarsi in situazioni estreme e in un intreccio di storie in cui ognuno, ogni personaggio e ogni spettatore, scopre che la propria storia e il proprio animo è frutto dell’interazione con altri e provoca volontariamente o involontariamente conseguenze sulla vita di altri.
A lezione da Giacomo Puccini, Luigi Illica, Giuseppe Giacosa, Giuseppe Adami
Questo Laboratorio di narrazione artistica, di scrittura poliespressiva, e di messa in scena, si avvale della guida virtuale dell’autore che è riuscito a realizzare capolavori immortali del teatro musicale operando una straordinaria sintesi tra la letteratura fiabistica e quella veristica. Ridando vita a storie potenzialmente immortali, Puccini è diventato il nuovo cantore, nel mondo contemporaneo, delle gesta e delle grandi passioni dei protagonisti dei romanzi e dei drammi della nostra tradizione umanistica, ma facendoli interagire con quei piccoli eroi che solo nelle favole e nelle fiabe o nelle novelle nate da esse, hanno avuto, prima della sua opera, la possibilità di entrare nella leggenda come i motori di storie immortali. Puccini come ogni vero artista attinge la materia narrativa da ciò che la letteratura e la drammaturgia hanno realizzato per dare continuità alla tradizione orale delle leggende delle tradizioni popolari. E lo fa senza nasconderne le tracce, ma anzi ispirandosi esplicitamente a quei racconti che Verdi, Donizetti, Rossini, e prima ancora Mozart, avevano voluto riraccontare con la forma più alta di arte narrativa. Il candore, l’innocenza, l’ingenuità dei personaggi da lui costruiti, o meglio riarticolati e sfaccettati nei suoi drammi musicali, si scontrano con ogni forma di malattia, di vizio di perversione dell’animo umano, rappresentata da altri personaggi solo apparentemente mostruosi e diabolici ma realmente umani, proprio come lo sono i mostri in cui, nella vita quotidiana, si trasformano persone apparentemente normali; personaggi che grazie alla bramosia del potere e alla perdita di freni inibitori, grazie ai ruoli di cui sono stati investiti nella società, esplicitano ciò che i protagonisti combattono fino alla fine per evitare di diventare simili ai loro persecutori, che attentano al candore dei protagonisti spesso riuscendo a corromperli e contribuendo così alla trasformazione di quelli nei loro alterego deteriori anziché migliori. La musica di Puccini, come quella di Verdi, va alla ricerca dell’universo interiore inespresso dei suoi personaggi, solo apparentemente semplici e ordinari o addirittura stereotipati, ma combattuti da laceranti conflitti interiori che quando esplodono li rendono folli e in capaci di controllarli. E come Wagner egli ricerca nei leitmotiv le soluzioni per rappresentare quelle trasformazioni e quelle complicità nei sentimenti che rendono i personaggi dei suoi drammi musicali capaci di sfaccettarsi e di crescere sotto gli occhi dei più appassionati spettatori di tutto il modo e di tutte le epoche. Il suo teatro musicale ha ottenuto quegli invidiati successi popolari e internazionali che altri autori hanno ricercato invano e che altri ancora hanno ottenuto utilizzando mezzi più tradizionali – la letteratura – o nuovi – il cinema – ma spesso pagando il prezzo di un abbassamento della qualità per raggiungere il gusto del pubblico, degradato da una diseducazione accentuata se non provocata dalla cultura di massa. I suoi drammi attingono la materia da romanzi d’appendice, drammi storici, fiabe e da drammi di genere esotico, persino western, ma proprio con ciò mostrano come l’arte trasformi la cultura popolare e ridia ad essa più forza con opere che la fanno circolare nel mondo intero sublimata dalla bellezza di una complessità che solo l’arte può raggiungere. Puccini come Mozart non teme, confrontandosi con tale materia, di finirne condizionato, ma è lui a offrire a un pubblico vasto, e assuefatto alla standardizzazione culturale, molte ragioni per crescere che, conoscendo l’opera di questo autore, non potrà più ignorare. Nella sua opera la tragedia, il melodramma, la commedia, persino la farsa si mescolano superando ogni divisione di genere, così come la musica si trasforma in un continuo che solo Wagner ha saputo creare e ispirare in Puccini; con esso può rappresentare le trasformazioni continue e le incessanti trasfusioni dei sentimenti che mutano e legano i personaggi al di là delle loro intenzioni e della loro volontà. Puccini, come Truffaut nel cinema, usa il melodramma anziché subirlo, e si rivolge allo stesso pubblico del melodramma per educarlo e per farlo crescere offrendogli opere che solo superficialmente assomigliano a quel che già fruisce, ma al contempo lo invitano a cogliere le differenze di qualità e a pretendere di più nella scelta di ciò che può nutrire il proprio animo e stimolare l’ingegno. Se le sue melodie arrivano al cuore di qualunque spettatore, e ancora oggi ispirano cantanti pop che si autopromuovono eredi del maestro – mentre ne riducono le complesse soluzioni artistiche -, nella sua opera c’è una lezione metodologica pari a quella di Hitchcock nel cinema (commerciale non esclude sperimentale, e successo di pubblico non esclude qualità artistica) che non è ancora stata estratta dalla sua opera ma attende solo di essere studiata e insegnata. Con il nostro Laboratorio a lui dedicato, e con la realizzazione delle Tele dedicate alle sue opere, cercheremo di continuare il suo lavoro per rendere, ancora a distanza di anni, il suo pubblico ideale in grado di cogliere la sua lezione; i suoi incoraggiamenti a non rassegnarsi e a pretendere di più da ciò che la politica culturale rivolta al grande pubblico gli offre, presumendo che questo non sappia e non voglia apprezzare perché non in grado né interessato a ricevere. Puccini prende per mano il suo pubblico e lo porta a conoscere e riscoprire i classici mostrando che l’arte può ancora parlare a tutti, se tutti si preparano adeguatamente per poterla apprezzare.
A lezione da Richard Wagner, Franz Stassen, Arthur Rackham
Questo Laboratorio di narrazione artistica, di scrittura poliespressiva, e di messa in scena, si avvale della guida virtuale dell’autore che ha teorizzato e portato allo stato dell’arte la narrazione multiespressiva e multimediale, creando, da solo, «opere totali» di musica, immagini e parole. Richard Wagner è anche l’autore che ha inventato un universo cosmologico ridando vita a una mitologia nordica che continua a ispirare implicitamente ogni racconto fantastico ed epico che proprio da Wagner implicitamente trae, pur riducendola, la materia e la forma narrativa. Così come la mitologia classica greca e latina ha ispirato la maggior parte degli autori di racconti epici a partire da Omero, a Wagner, e ai suoi racconti musicali senza tempo, tanti autori, anche a noi contemporanei, devono, per via indiretta e spesso senza saperlo, le ragioni del successo dei racconti e delle saghe di cui ingenuamente si attribuiscono la piena paternità. Quello che Wagner ci ha lasciato, e che ha costituito per noi un oggetto di studi privilegiato, non è solo un’opera concepita e realizzata reticolarmente e multimedialmente ma anche un processo di costruzione dell’opera stessa, e una teorizzazione dei principi di costruzione.
Studiare l’opera di Wagner consente di comprendere come si creano le condizioni per la nascita di un’opera d’arte, ricercando e sviluppando una materia fiabistica e mitologica comune a diverse tradizioni popolari (nel suo caso le leggende renane), ricercando modelli archetipici e possibilità di sviluppo, confrontandosi con opere realizzate dai più grandi narratori di tutti i tempi per creare nuove varianti, e riflettendo sui modi più adeguati per articolare nuovi intrecci e dare ad essi una forma multiespressiva adeguata ai tanti piani narrativi del labirinto narrativo creato per dar vita alle storie di personaggi straordinari sullo sfondo di una vita ordinaria per quanto fantastica. I personaggi wagneriani, e le loro storie che si intrecciano nei suoi racconti, ridanno vita a quei conflitti tra bestie, uomini, e dei, raccontando degli errori degli dei e delle imprese degli uomini per avvicinarsi alla statura degli stessi Dei, diventando così eroi leggendari e perciò immortali. Quella terra di nessuno in cui gli Dei scendono dal loro Olimpo (il Walhalla), in cui gli uomini, spesso imparentati con gli stessi Dei, cercano di rendersi degni per entrare nel loro regno, morendo in nobili imprese, in cui gli Dei si impietosiscono degli uomini o ne provano invidia, in cui gli Dei combattono battaglie a fianco degli uomini o tra loro per proteggere la loro stirpe semi-umana o semi-divina, è anche il terreno su cui i fruitori del Ciclo dell’Anello e degli altri drammi wagneriani possono formarsi e apprendere i conflitti interiori che animano tanto gli uomini quanto gli Dei. È anche il terreno in cui gli uomini ordinari, anziché tentare di crescere e meritare le fortune concesse loro dagli Dei, possono degradarsi e diventare bestie che ancora conservano il loro «costume umano» ma tentano gli altri uomini con i piaceri semplici derivanti dalla soddisfazione degli istinti e della dominanza sul branco. La crescita dei personaggi wagneriani, la loro trasformazione sotto gli occhi dello spettatore è il modo con cui la narrazione insegna attraverso l’esempio, e con cui opera transizioni dall’ingenuità di Parsifal e di Sigfrido alla purezza degli eroi o meglio delle eroine come Brunhilde. Wagner è anche egli stesso un esempio – per i nostri utenti – di cosa sia realmente un «autore», un «onemanband», come il vero “auteur” nato con il cinema, che progetta e cura ogni aspetto della propria opera e si forma interdisciplinarmente cioè umanisticamente per arrivare ad essere preparato per l’impresa. Wagner è anche il più grande teorico, oltre che esemplificatore, di cosa sia un’opera multiespressiva, cioè un’opera in cui i piani espressivi non siano tra loro subordinati ma correlati indipendenti ma complementari tra loro. L’idea di attribuire ai diversi piani espressivi del teatro musicale quello che implicitamente (ma non inconsapevolmente) avevano già fatto prima di lui i suoi maestri, è la miglior riflessione mai fatta su come ogni vero artista riesca a trovare soluzioni adeguate (non arbitrarie) per rappresentare i diversi piani narrativi del «sistema» costituito dall’opera artistica. Wagner arriva a fondere nei suoi studi e nella sua opera i contributi portati dalle scienze riguardo allo studio delle espressioni umane e animali invarianti (Darwin) e allo studio dell’inconscio (successivamente teorizzato da Freud), oltre che allo studio della comunicazione come inganno, menzogna, artificio. A Wagner dobbiamo l’idea di potersi avvalersi di più piani espressivi per rappresentare la compresenza di piani narrativi, e in questo modo di poter rivelare a uno spettatore accorto cosa i personaggi cercano di nascondere ingannando, cosa pensano celandolo ma tradendolo con le espressioni, e cosa loro non sanno ancora e tuttavia avvertono che dovrebbero cercare quando saranno pronti mentre lo spettatore lo sa già grazie all’autore. Questo fa di Wagner il nostro maestro per eccellenza, il più grande autore e studioso di narrazione multiespressiva a cui vogliamo ridare la parola attraverso lo studio sistematico ed esplicito dei meccanismi racchiusi nella sua opera, anche correlando lo studio delle sue soluzioni straordinarie alle definizioni teoriche che lui stesso ci ha lasciato. Come nel caso di Hitchcock e Truffaut ci troviamo infatti davanti a un’opera narrativa e a un’opera saggistica che possono proficuamente interagire contribuendo alla formazione non solo degli spettatori dei capolavori wagneriani ma anche degli utenti dei nostri ambienti di studio educativi (L’Edumediateca e il Circolo) e non ultimi degli autori che vorranno frequentare la nostra Scuola di Perfezionamento, dove potranno apprendere, tra l’altro e per prima, proprio l’insuperata lezione metodologica wagneriana.